PRIVACY: le fotografie scattate ai fini di interventi chirurgici sono dati personali

Data:
1 Marzo 2005

Le fotografie scattate ai fini di interventi chirurgici sono dati personali e, quindi, è pienamente legittima la richiesta da parte del paziente dell’acquisizione di questa documentazione; infatti, il codice riconosce ad ognuno il diritto di accedere a tutti i propri dati personali, comprese le fotografie che ritraggono in tutto o in parte il proprio corpo (Newsletter del Garante per la privacy numero 240 del 3-9 gennaio 2005).

In particolare, le fotografie scattate durante la degenza con l’autorizzazione del paziente e immesse nella cartella clinica formano e costituiscono parte della cartella stessa.

Le cartelle cliniche degli ospedali (circolare n.61 del 19 dicembre 1986 del Ministero della Sanità -Direzione Generale Ospedali prot. 900.2/Ag. 464/260) e delle case di cura (D.M. 5 agosto 1977 art.24), unitamente ai relativi referti, vanno conservate illimitatamente poiché rappresentano un atto ufficiale indispensabile a garantire la certezza del diritto, oltre a costituire preziosa fonte documentaria per le ricerche di carattere storico sanitario.

In merito alla conservazione della documentazione allegata (radiografie, tracciati elettrocardiografici, ecc.), il minimo della conservazione è fissato in anni venti e comunque ogni eventuale scarto è condizionato al preventivo nulla osta del competente soprintendente archivistico in base all’art. 35 del D.P.R. n.4409/1963.

Ricordiamo che differente è, invece, la natura della cartella clinica ospedaliera da quella della casa di cura per prestazioni non convenzionate o accreditate (negli altri casi la cartella clinica è assimilata a quella ospedaliera): nel primo caso sono documenti ufficiali, nel secondo sono scritture private.

Indipendentemente dalla loro natura e dei conseguenti risvolti giuridici, in ogni momento il paziente (e in caso di minori o interdetti chi esercita la potestà tutoria) ha il diritto di vedere la propria cartella clinica con i documenti annessi e di averne copia; non può invece farsi consegnare l’originale e portarselo a casa.

Ma mentre la conservazione delle cartelle cliniche ospedaliere e delle case di cura è a tempo illimitato, nessuna norma prevede che il libero professionista debba conservare (e per quanto tempo) la scheda clinica dei propri pazienti e la documentazione allegata. Ricordiamo che per conservare ogni dato sensibile va richiesta l’autorizzazione al paziente, in caso contrario si deve distruggere ogni documento compilato tranne che sia di proprietà del paziente, nel qual caso va restituito.

E’ ovvio che in caso di possesso il medico libero professionista ha il dovere (giuridico e deontologico) di far vedere al paziente che ne faccia richiesta, la scheda clinica con i relativi documenti e, a richiesta, darne copia. La documentazione allegata non può essere l’originale raccolta durante la degenza in ospedale o nella casa di cura, eventualmente può essere una copia. Tuttavia, nel caso specifico, ogni fotografia scattata con il permesso del paziente in attività privata non in regime di ricovero può essere inserita nella scheda clinica personale e con l’autorizzazione del paziente conservata per il tempo che il medico riterrà opportuno, non essendo vincolato alla conservazione da specifica normativa.

Va, peraltro, tenuto presente che in base agli articoli 7 e 16 del decreto legislativo 196/2003 in caso di eliminazione di dati sensibili ne dovrebbe essere data informazione all’interessato, comprese le modalità adottate.

Ultimo aggiornamento

1 Marzo 2005, 08:31