L’errore nella pratica medica

Le principali novità introdotte dalla legge:

Viviamo un momento in cui si è passati dal fatalista ringraziamento serale al Signore per il bene della vita e della salute, appreso dalla pratica religiosa, alla costante colpevolizzazione dei medici e delle strutture per ogni decesso e/o malattia.

L’ottuagenaria aspettativa di vita, enfatizzata dai “media”, raccontata come una bella favola dalla pubblicità televisiva che non ci lesina immagini ripetitive di longevi e sani centenari, non è qualcosa di cui si deve ringraziare il fato, ma viene assunto da tutti come la normalità della propria esistenza.

Malattie croniche invalidanti, morti anticipate, percorsi di vita segnati dalla necessità delle cure, vengono vissuti come un diritto negato di una felicità promessa, e si procede subito alla ricerca del presunto errore medico.

Oggi il medico e la medicina non curano più il paziente ma la malattia.

E’ invece lo Stato che si prende cura del paziente. Il Governo centrale fissa i livelli minimi essenziali di assistenza definisce gli obiettivi di intervento, determina dall’alto le scelte di tutti, di fatto impera “senza alcuna assunzione reale di responsabilità” che invece viene riservata sempre e solo sui medici.

In questo quadro è giugno il momento di modificare la legislazione per evitare che il medico e la medicina in un non lontano prossimo futuro non operino scelte astensionistiche nell’affrontare situazioni cliniche di difficile ed alto rischio di insuccesso.

E’ comunque questo un tema molto sentito che è materia di diverse iniziative per introdurre sistemi assicurativi sui rischi professionali sempre più tutelari, ma anche sempre più onerosi per le reali capacità economiche della categoria.

L’ampliamento delle consoscenze ha creato la iper-specializzazione. La frammentazione delle competenze e la metodica corrente dello studio del malato, per cui più facilmente l’unicità della responsabilità nei confronti del paziente ascende dal medico al dettato legislativo.

E’ quasi scomparsa la figura del medico di fiducia che media il rapporto con la malattia del paziente “per il paziente” e con essa si è perso il plusvalore del medico. Il malato è sempre più spesso mediatore della sua condizione con una pluralità di professionisti a cui si richiedono possibilità taumaturgiche sempre sopravvalutate.

Nessuno di noi, coinvolti per un solo aspetto della malattia, diventa il traduttore unico ed ascoltato delle prospettive terapeutiche sul paziente, il fiduciario dei messaggi della medicina al cittadino.

In questo quadro dobbiamo rielaborare tutti i fattori che ingenerano nel paziente la ricerca dell’errore medico:

  • l’aspettativa di un diritto negato “la salute sempre e certa”;
  • la “perplessità” del paziente e dei familiari derivante dall’analisi di messaggi diversi provenienti da più medici in “concorrenza”;
  • la falsa “onnipotenza” risposta nei prodigi della tecnica;
  • la perdita del senso del destino e della fatalità
  • il dubbio ed il sospetto (ingenerato da un rapporto in cui esiste un’assimetria di conoscenze senza più uno stato di estrinseca fiducia);
  • la carenza della figura carismatica e tutelare del “proprio medico di fiducia”.

In questo clima è sconsolante osservare che la ricerca dell’errore non ha più fini correttivi, di pubblica utilità e di comune interesse, ma solo vendicativi e/o risarcitivi, perchè la salute e la sanità sono tessuti imbastiti sulla prevalenza di una trama economica che rende cinico il sistema.
La “mercificazione” della salute, introdotta o riconosciuta con l’aziendalizzazione del S.S.N., accentua tale problematica; riconosce il malato come prodotto da trattare nell’ambito di un quadro nosologico di valore monetario – e non più come persona – di cui vanno rispettate e risolte le aspettative globali di salute.

In questo quadro di “fabbrica della salute” dobbiamo porre una nuova attenzione agli errori delle cure, che assumono maggiore rilevanza, perchè fonte di atti di risarcimento aziendali e professionali cavalcati spesso da famelici professionisti del foro. Il sistema deve essere oggi chiamato a porre rimedio ad un processo perverso di cui ha creato i presupposti.

Secondo l’Institute of Medicine, ogni anno muoiono negli ospedali statunitensi tra i 44.000 ed i 98.000 pazienti per sbaglio: troppi per molti studiosi, che contestano direttamente i criteri adottati negli studi che portano a simili conclusioni. Questi numeri, se accettati, parlano di medici che uccidono più dell’AIDS, del cancro al seno, degli incidenti automobilistici o sul lavoro.
Un vero affronto per i camici bianchi!

Quanti e quali sono gli errori dei medici?

E’ una domanda che non ha precise risposte, anche se esistono degli studi con riferimenti a specifiche aree geografiche ed a diverse realtà.
Un lavoro americano del 1991 riferisce che nel 3,7% dei ricoveri ad hanvard, si è accertato la presenza di un danno derivante dalla cure con prolungamento del ricovero; alcuni danni permanenti ed alcuni decessi.
Un secondo lavoro australiano, del 1995 riferisce di avere accertato un danno ai pazienti nel 17% circa dei ricoveri. Questo aveva provocato nel 14% circa dei casi un danno permanente e nel 5% circa il decesso dei pazienti.
Questi studi sono stati effettuati su cartelle cliniche.
Ciò comporta l’impossibilità di analizzare quegli errori che non abbiano determinato un danno e quelli non segnalati che vengono chiamati “quasi errori”.

Dobbiamo quindi distinguere gli errori dai “quasi errori”.

Entrambi sono importanti in un’analisi a fini non risarcitivi, poichè di entrambi bisogna tenere presente per operare una valida prevenzione.
Molti danni non vengono alla luce perchè corretti in tempo e quindi con errori non segnalati o perchè il paziente non ne fa denuncia.

Gli errori possono essere classificati per responsabilità prevalente come:

  1. forme da ricondurre nella catena dell’errore al rapporti uomo/sistema;
  2. Forme da ricondurre nella catena dell’errore al rapporto paziente/medico.

Nel primo caso è l’organizzazione che gioca il ruolo prevalente della genesi dell’errore, perchè se pur commesso da una sola persona va riconosciuta l’importanza della concomitanza di altri fattori di tipo organizzativo.

Si inquadrano in queste forme alcuni errori in ambienti connotati da:

  • disattenzione per la qualità del medico;
  • scarsa attenzione alla valutazione della sicurezza;
  • scadente organizzazione;
  • mancanza di chiare regole con norme conflittuali;
  • interazioni tra gruppi non coordinate.
  • forme da ricondurre nella catena dell’errore al rapporto paziente/medico.
  • la carenza della figura carismatica e tutelare del “proprio medico di fiducia”.

Nel secondo caso si riconducono gli errori in ambienti caratterizzati da:

  • forzature da stress;
  • elevata dinamicità lavorativa;
  • condizioni di mutamenti frequenti di obiettivi;
  • coesistenza di differenti priorità;
  • presenza di competitività di più leader;
  • troppe e diverse fonti informative anche indirette o riferite;
  • uso di tecnologie complesse e avanzate.

E’ utile distinguere gli errori in:

  1. sbagli – quando vi è un difetto di pianificazione dell’atto, o della procedura medica;
  2. violazioni – quando si accerti una deviazione volontaria della pratica comune e dalle regole di sicurezza;
  3. errori – “propriamente detti” quando in assenza di difetto di pianificazione è l’esecuzione dell’atto, o la procedura medica, ad essere incongrui.

Nel caso degli sbagli si tratta spesso di applicazione di regole in mancanza di presupposti validi.

Nel caso delle violazioni di regole si annoverano le omissioni volontarie. Comprendono i casi di fuga di routine, o le disapplicazioni delle procedure per proprio comodo o per necessità.

Nel caso degli errori si comprendono le disattenzioni

La differenza tra violazioni ed errori appare maggiore quando si pensi che per la correzione delle violazioni è necessario agire sulla organizzazione e la strategia del sistema, mentre per la correzione degli errori si procede con interventi sulla qualità e la progettazione.
Nell’ambito delle violazioni il clima organizzativo è spesso rischioso e non sufficientemente governa.

Gli errori, nella maggior parte dei casi, sono oggi dovuti ad ineguadezze strutturali, o procedurali, e non a negligenze od a leggerezze personali. Non comprendere ciò significa stravolgere il senso dello studio dell’Institute of Medicine, e battersi per sottrarre qualche centinaia di morti alla voce “errore medico” è inutile oltre che discutibile.

Esistono delle condizioni tipiche che si rappresentano nelle analisi degli errori:
  • inesperienza;
  • mancanza di tempo;
  • difficile percezione tra segnale/rumore;
  • mancata interazione tra pari;
  • eccesso di informazioni;
  • scarso feedback dal sistema.
E delle diverse condizioni tipiche delle violazioni:
  • conflitti tra direzione ed esecuzione;
  • scarsa attenzione del management alla sicurezza;
  • basso morale della struttura;
  • mancata motivazione al lavoro;
  • condono tacito delle violazioni.
  • scarso feedback dal sistema.

Comunque l’errore ha una probabilità di sviluppo proporzionale alla complessità del sistema in cui si opera.

Gli studi dicono che essendo data nel 99% la probabilità di non sbagliare di un singolo professionista, se lo stesso si trova a collaborare in una struttura con 100 colleghi ugualmente capaci, le probabilità di errore salgono al 37% circa. L’insegnamento di questa analisi deve spingere a ridurre al massimo la complessità del sistema.

Molti degli errori inoltre sono da relazionare alle interazioni tra operatori ed i rischi aumentano in presenza di:
  • una suddivisione stagna del lavoro, come nella concomitanza di assistenza medica tecnica poco comunicativa con l’infermieristica assistenziale;
  • una suddivisione gerarchica che renda impossibile la discussione delle scelte all’interno del gruppo;
  • una mancata individuazione e condivisione delle scelte ed assenza di individuazione delle responsabilità;
  • la presenza di una molteplicità degli obiettivi di diverso peso, come negli obblighi economici delle scelte mediche da relazionare con le priorità etiche;
  • la mancata identificazione del contributo dei singoli all’organizzazione;
  • una indefinita responsabilità sul paziente;
  • una scarsa formalizzazione della comunicazione;
  • la presenza di una elevata pressione a raggiungere obiettivi non direttamente correlati con la sicurezza e la qualità (economia e profitti in sanità);
  • la discrepanza tra risorse/obiettivi;
  • la modifica dei referenti responsabili;
  • le situazioni di collaborazione sequenziale, come nell’area chirurgica.
  • scarso feedback dal sistema.

L’Institute of Medicin (IOM)  che  nel  1999  ha  trattato  esaurientemente  la  problematica in parola definisce l’errore  come la “mancanza di completare una azione così come pianificata o l’uso di una strategia inadatta a raggiungere un obiettivo”.
Il  danno  si  ha  quando “è  causato  dalle cure mediche piuttosto che dalla malattia di base o dalle condizioni del paziente”.

Le situazioni potenzialmente causa di errore nella pratica clinica sono:
  • la mancanza di controlli;
  • il ritardo diagnostico;
  • l’insufficienza valutazione del rischio;
  • una inadeguata consegna;
  • la mancata segnalazione di apparecchiature malfunzionanti;
  • l’inadeguatezza dei controlli pre-operatori;
  • l’omessa richiesta di aiuto;
  • la terapia errata;
  • la terapia non eseguita correttamente;
  • la supervisione inadeguata di personale in formazione.

E’  stata  accolta  dalla Joint Commission on Accreditation of Helthcare Organizations (JCHAO) una  lista  degli  eventi  segnalati  come  più  frequenti di errore, definiti “eventi sentinella” in quanto devono attrarre l’attenzione sui problemi per un’adeguata opera in prevenzione.

In ordine di frequenza sono:
  • suicidi in ricoverati;
  • errori di somministrazione di farmaci;
  • complicanze intra/extraoperatorie;
  • decessi da ritardato trattamento;
  • interventi eseguiti sul lato sbagliato;
  • cadute di pazienti;
  • lesioni personali;
  • decessi di pazienti legati;
  • decessi dopo dimissione volontaria;
  • eventi post-trasfusionali;
  • parti distorcici;
  • incendi;
  • miscellanea.

Spesso semplici provvedimenti eseguiti sulla base di rilievi accertati hanno permesso la drastica riduzione degli errori nei centri sottoposti a sorveglianza della JCHAO. Un esempio è stata l’eliminazione dell’uso erroneo delle soluzioni concentrate di cloruro di potassio (il singolo errore più frequente nell’uso dei farmaci) con il semplice allontanamento dello stesso dai Reparti, sostituito dall’introduzione della richiesta motivata con scorte minime.

Gli errori nella medicina ambulatoriale

Più vaga che nell’ambito ospedaliero è l’analisi degli errori nella medicina del territorio.

I dati a disposizione sono solo quelli derivanti dalle denunce, che non ci danno un quadro esauriente della situazione.

Ciò che desumiamo attualmente dalle denunce sono le seguenti percentuali:
  • il 40% degli errori sono da inserire nell’ambito delle diagnosi;
  • il 35% si presentano nelle procedure diagnostiche;
  • il 20% si attuano nella gestione del paziente;
  • il 5% sono conseguenti alla terapia.

Ma tali dati riflettono probabilmente una maggior incidenza di errori nelle prime due categorie, solo perchè maggiormente identificabili dai pazienti.

La pratica medica ambulatoriale presenta alti livelli di incertezza per la scarsità dei mezzi diagnostici a disposizione in rapporto alle elevate pretese del paziente.
Oggi assistiamo a richieste chiare e circostanziate, in un quadro di aspettative elevate dei pazienti, che presentano forme cliniche con aspetti complessi di tipo sociale, ambientale e culturale, di difficile comprensione.
Il rischio di tale situazione è la denuncia del medico per negligenza.

Il riconoscimento di tale comportamento prevede la prova di tre elementi:
  1. che sia stato effettuato un atto di cura nei confronti del paziente:
    • la visita ambulatoriale;
    • il consiglio telefonico;
    • il consiglio mediato da interposta persona;
    • il controllo periodico;
    • la valutazione degli esami.
  2. che vi sia stata una scorretta esecuzione dell’atto di cura.
  3. che vi sia rapporto certo casuale tra atto medico ed il danno.

Questo genere si correla in una ritardata diagnosi.
Tale evento si definisce probabile se una diagnosi più precoce avrebbe comportato un incremento del 50% delle possibilità di guarigione.
Un’altra possibilità è data dalla non menzione degli effetti collaterali di un farmaco.
Si accetta in genere che possa essere non menzionato un effetto collaterale che si verifichi in meno dell’1% dei casi.

Le situazioni di maggior rischio nella pratica ambulatoriale sono riportate di seguito:

  • Una visita con inadeguato esame fisico. Attenzione quindi ai consulti telefonici.
  • La cura del bambino ammalato. particolarmente frequenti sono le mancate diagnosi di meningite, appendicite, disidratazione e asma. In questi casi oltre alla mancata diagnosi si può rischiare il mancato riconoscimento della gravità della forma riscontrata con ritardato invio in ospedale.
  • Le patologie ostetrico-ginecologiche. Le più frequenti fonti di contenzioso sono date dalla mancata diagnosi di gravidanza, le complicanze delle terapie anticoncezionali, il mancato esame clinico in caso di patologia pelvica e la mancata diagnosi di gravidanza extrauterina.
  • Le emergenze chirurgiche non riconosciute. Vi si annoverano principalmente l’appendicite acuta e la torsione del testicolo.
  • Le emergenze mediche. Attenzione agli attacchi asmatici, le complicanze del diabete mellito, l’infarto miocardico, la trombosi venosa profonda, l’ischemia cronica degli arti inferiori, e l'”occhio rosso” (glaucoma ed irite).
  • Le neoplasie. Attenti particolarmente alle forme mammarie, parotidee, cutanee, testicolari, poichè facilmente visibili o palpabili.
  • L’ambito ortopedico. Per mancata diagnosi di fratture.
  • Le procedure cliniche. Soprattutto le iniezioni.
  • L’esercizio della profilassi, In particolare la mancata applicazione della terapia anticoagulante nella fibrillazione atriale, o l’uso dell’aspirina dopo un infarto o degli ace inibitori e betabloccanti nello scompenso cardiaco.

Lungi da voler essere esaurienti sull’argomento tale concisa trattazione ha lo scopo di richiamare tutti gli iscritti a vigilare sui propri comportamenti e sulle proprie realtà professionali per rinnovare una chiave di lettura del rischio di errore che oggi più di ieri ci vede colpevoli a priori e che sarà fonte di molte attenzioni nel prossimo futuro.

Tutti gli uomini sbagliano: i medici sono uomini, dunque anche i medici possono sbagliare.

Ultimo aggiornamento

23 Febbraio 2024, 11:36